Passano gli anni, cambiano i governi ma gli Its, le super scuole di tecnologia post diploma – a oggi l’unico canale terziario alternativo all’università – si confermano un formidabile passepartout per il lavoro: l’80% dei diplomati, a un anno dal titolo, ha un impiego; e nel 90% dei casi, per di più, in un’area coerente con il percorso svolto, in aula e “sul campo”. Si tratta di due numeri, contenuti nel monitoraggio 2019, targato Miur-Indire, che verrà presentato domani, che spiccano in un’Italia dove il tasso di disoccupazione giovanile è al 30,2% (peggio di noi, solo Spagna e Grecia); e dove circa un terzo delle imprese lamenta difficoltà nel reperire profili tecnici a causa dell’elevato mismatch.
Il successo dei percorsi Its (il monitoraggio ne passa al setaccio 139, con 3.367 iscritti e 2.601 diplomati) è legato a due fattori. Il primo, è che questi istituti si collegano a un reale bisogno delle aziende. Il secondo, è che formano le persone direttamente per un “mestiere”. I docenti infatti che provengono dal mondo del lavoro sono il 70% e in stage si fa il 42% delle ore totali. Quasi il 40%, poi, dei partner degli Its, sono imprenditori che assumono o fanno assumere i ragazzi che specializzano. La stragrande maggioranza dei contratti firmati sono stabili: tempo indeterminato o apprendistato.
Certo, a una decina d’anni dal loro debutto, i dati restano di nicchia: le fondazioni, che gestiscono gli Its, hanno superato quota 100, ma tutti gli studenti frequentanti sono circa 13mila; un dato di gran lunga inferiore alla Germania, per esempio, dove i giovani che frequentano sistemi di formazione terziaria professionalizzante sono 764.854. In Francia sono 529.163, in Spagna 400.341, nel Regno unito 272.487. Inoltre, dei 139 percorsi monitorati da Miur e Indire, 74 sono vere e proprie eccellenze (si trovano in Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Umbria, soprattutto – e principalmente nelle aree tecnologiche della meccanica, della mobilità sostenibile, della moda). Trentatre percorsi sono bocciati o “rimandati” (in testa Sardegna, Calabria e Sicilia), 32 sono sufficienti.
«Il monitoraggio 2019 manda un messaggio chiaro a famiglie e studenti – commenta il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Gianni Brugnoli -. Chi sceglie un Its ha la garanzia di trovare subito un lavoro e di trovarlo coerente con il proprio percorso formativo. Ci sono però dei problemi da risolvere. Bisogna analizzare ai raggi X i percorsi critici o problematici e capire come migliorarli. Serve inoltre ragionare insieme su come potenziare ulteriormente – per farne modelli replicabili e diffondibili – i percorsi con elevati standard di qualità. Premiare i migliori servirà anche ad affrontare quella che è una questione strategica per la nostra economia: il numero annuale di diplomati Its è ancora basso, poco più di 2.600 persone. Ne servono almeno 20mila soltanto per rispondere all’emergenza di competenze delle nostre imprese nei prossimi 12 mesi». Quest’anno gli istituti tecnici superiori, rifinanziati dal precedente esecutivo in chiave 4.0, possono contare su 32 milioni di euro statali, a cui si aggiungo i 50 circa provenienti dalle regioni. Ma, per il salto di qualità, servono risorse aggiuntive, stabili e un’operazione di semplificazione burocratica e normativa (a oggi ancora al palo).
«Gli Its sono il canale formativo che ha maggiore successo occupazionale in Italia – aggiunge il presidente di Indire, Giovanni Biondi -. Per questo sono cresciuti gli investimenti nel settore, ma adesso occorre spingere le Regioni a fare una manutenzione efficace del sistema. Ci sono fondazioni che non erogano corsi da tre anni, e percorsi inseriti nell’area critica per lo stesso periodo. Bene, quindi, premiare i migliori, ma si dovrebbe prevedere anche la chiusura per gli altri».
Del resto, gli Its “al top” sono una risorsa, specie in chiave Industria 4.0. Un esempio? All’Its Umbria Academy (presente tra i percorsi eccellenti). «Quest’anno – risponde il direttore, Nicola Modugno – i ragazzi si sono confrontati con la reingegnerizzazione di un drone ad uso civile, per alleggerirlo, sostituendo un sopporto metallico, che è stato riprogettato, prototipizzato e collaudato, grazie all’utilizzo di software di progettazione, stampanti 3D di ultima generazione e sistemi di misura tridimensionali e laser, presenti nel laboratorio. L’obiettivo è far confrontare gli studenti con le più evolute tecnologie per avvicinarli, rapidamente, al mondo del lavoro».